Ragioni ed utilità dello psicodramma

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L’uomo è poco se stesso quando parla in prima persona. Dategli una maschera e vi dirà la verità. Oscar Wilde

L’uso della parola “dramma” (dal greco drào: opero, agisco) pone l’accento più sull’azione che sull’interpretazione verbale nelle dinamiche relazionali. “Il drammatizzare”, secondo Moreno, diventa un mezzo attivo che offre la possibilità di esprimere bisogni, sentimenti, conflitti di ruolo, senza la presenza di ostacoli e di resistenze che la vita reale ci presenta, e di sperimentare senza rischi modi di essere alternativi. Il protagonista, sul palcoscenico, ha la possibilità di esprimere liberamente il proprio mondo interiore e relazionale, i suoi interrogativi, i suoi blocchi, i sui desideri, i suoi bisogni. In tale situazione, egli avvia progressivamente un dialogo interno che lo può condurre a “vedere” soluzioni altre ai suoi conflitti intrapsichici e/o di relazione col mondo esterno. In questo suo procedere, il soggetto trova la dimensione di supporto e di stimolo fornitegli sia dal gruppo sia dallo psicodrammatista.

Gli aspetti tecnici con cui si costruisce una sessione psicodrammatico sono cinque:

  1. il palcoscenico
  2. il soggetto o paziente
  3. il direttore o terapeuta
  4. lo staff di coterapeuti o ausiliari
  5. uditorio

La struttura teorica dello psicodramma moreniano mancava di una vera e propria sistematicità e ciò ha consentito di congiungere lo psicodramma alla psicoanalisi. Inoltre, tale mancanza, ha permesso di astrarre le tecniche psicodrammatiche dal modello cui erano legate, permettendo differenti approcci terapeutici e metodologici, e una vasta possibilità di applicazione anche nell’ambito della formazione.

La differenza sostanziale dell’uso dello psicodramma nell’intervento psicoterapeutico e nell’intervento formativo sta nell’obiettivo: nel primo si scende nell’intimità affettiva della persona, nel secondo invece ci si propone di fermarsi ad esplorare tematiche legate alla professione e al ruolo ricoperto da soggetto.

In un’analisi più accurata, però, si nota che i conflitti manifestati in ambito lavorativo, coinvolgono non solo il conflitto di natura ‘professionale’ ma anche e soprattutto la propria “relazionalità” che è speculare ad aspetti profondi dell’affettività di quell’individuo. Quindi, in tale contesto, diventa particolarmente importante che il formatore sappia costruire il rapporto con i propri “formandi” al limite possibile di approfondimento personale all’interno di un contesto orientato alla relazione professionale. Il gioco – e in particolare il gioco sottostante allo Psicodramma – apre uno spazio ‘sospeso’ e a-temporale dove chiunque ha la possibilità di modificare i propri ruoli, (a volte stereotipati) osservare, studiare, e ‘giocare’ nuove strategie, divertendosi. Lo scenario aperto alla psicodrammatizzazione diventa più ‘avvicinabile’ poiché il soggetto sa che, in quel’momento stabilito’, può esplorare soluzioni inimmaginabili nuove ed emozionanti, tutto ciò però, con la possibilità di tornare dentro i propri ruoli e nella sua identità. Questo processo diventa così una sorta di viaggio con biglietto di andata e ritorno da uno spazio di conoscenza da cui estrarre nuove informazioni da integrare.

L’assumere il ruolo di un personaggio immaginario facilita nel protagonista l’espressione di sentimenti e comportamenti che recitando nel ruolo di “se stesso” difficilmente avrebbero potuto emergere. In una situazione come quella scolastica, ad esempio, le potenzialità dello psicodramma sono particolarmente incisive, molte volte i ruoli quotidianamente ricoperti sono spesso “interpretati” in modo rigido e stereotipato (in quale classe non esiste “il secchione”, “lo sfaticato”, “l’incompreso”, “il furbo”, “il carino compiacente”, “il professore buono” e quello “cattivo”?).

Ed è proprio sui compiti legati al ruolo, e alla possibilità di mettersi nei “panni dell’altro” attraverso il riconoscimento delle similitudini, oltre che delle differenze, che le tecniche psicodrammatiche – a scopo formativo – pongono l’accento, piuttosto che sull’interpretazione personale. In questo scenario, il sapere passa attraverso un saper fare che si traduce poi in un saper essere, inteso come conoscenza di sé e del contesto in cui ci si trova ad agire.

A cura della Dott.ssa Raffaella Grassi

Bibliografia:

Schutzenberger A. A. ; Lo psicodramma, Martinelli, Firenze 1972.

Moreno J. L. (1946 –53); Manuale di psicodramma, Tr. It. Astrolabio Ubaldini, Roma 1985 – 1989.

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